martedì 24 settembre 2013

LEGGENDE DELLA VALDITARO




Le Cento Croci

dove si ritrovava un corpo morto si piantava una croce et tanto era il numero di croci che si diceva delle cento croci
e così venne a cambiare il suo primo nome di Lamba in Cento Croci.
Antonio Cesena (1558)
La strada che passava sul monte Lamba e che univa Borgotaro a Varese Ligure era ritenuta una delle più pericolose, benché fosse di grande importanza, come quella che permetteva alle popolazioni gli scambi dei prodotti della marittima (olio, pesce, sale, tabacco, polvere da sparo, vino) con quelli della nostra montagna (castagne, farine, insaccati, funghi).
Le cronache antiche parlano del passo come di “loco horribile, selvaggio et oscuro” , dove molti vi morivano per mano d’assassini, ma anche perché “soffocati dalle gran nevi”, dai venti e da “freddi et horridi tempi”.
Così sul passo, e tutt’intorno, vi era una moltitudine di croci perché la pietà dei buoni garantiva ai cadaveri una fossa e una semplice croce. Fu così che la gente cominciò a chiamare Centocroci quel passo, fino alla totale scomparsa del vecchio nome che, come abbiano detto, era Lamba.
Troppo era importante questa via per non provvedere alla sua sicurezza, così quei di Varese e di Valtaro decisero di costruire sul passo un “hospitio” che avrebbe assicurato una maggior protezione ai viandanti, ai pellegrini e ai mercanti che vi passavano.
Lo intitolarono a San Michele e ne presero possesso dei bravi monaci che resero più sicuro il passaggio, soccorrendo gli sperduti per nebbie e nevi, curandone altri affaticati e stanchi, altri ancora, colpiti da mali o incidenti, venivano ospitati amorevolmente.
Così il luogo divenne famoso, “frequentato e visitato da molte persone con larghissime limosine” e riferimento sicuro per tanti viandanti.
Non si sa quando, né come, accadde che dei falsi frati prendessero un bel giorno il possesso dell’hospitio di San Michele e il loro capo, non si sa se frate o meno, che si faceva comunque chiamare Padre Monaco, mise in atto “una cosa rea e scelleratissima” per arricchirsi.
Così, avendo “il diavolo per consigliero”, fece di quel luogo fino ad allora testimone di bene, un luogo infame e di morte.
Questo “indiavolato huomo” fece scavare un pozzo profondo a mezzo miglio dall’hospitio, dopo di che, ogni volta che doveva soccorrere, curare od ospitare qualche viandante che gli pareva “huomo da denari”, con l’aiuto dei suoi, lo faceva svenare e poi, dopo averlo spogliato di tutto, faceva gettare i corpi “nell’horribil pozzo”.
Scrive il cronista che non “possendo il divino giudicio d’Iddio comportare una così horribil cosa”, permise che il grave fatto venisse alla fine scoperto.
Gli uomini del monte erano soliti tenere dei cani mastini per difendere i loro bestiami dalle fiere che un tempo infestavano i nostri monti. E per la verità in quei tempi i lupi erano talmente audaci e ingordi che spesso attaccavano gli uomini, “con tanto spavento di tutti che anco gli uomini arditi e valorosi non si attentavano andare né soli, né senza armi”.
I cani mastini, assai numerosi, partendo dai casolari sparsi intorno alle Centocroci, abbandonavano spesso i loro greggi e a schiere si portavano sulla bocca “del fetente pozzo”, e vi sostavano per ore “urlando a gara; né si sa se fussero ivi tratti dal giudicio di Dio, o dal fetore de putridi corpi” .
I pastori, vedendo i cani abbandonare le greggi, non sapevano spiegarsi come mai tradissero, inaspettatamente, la loro ben nota fedeltà dimostrata negli anni.
Così un giorno tre o quattro di loro decisero di seguire un gruppo di cani attraverso prati e boschi fino a giungere, dopo lungo cammino, sopra il pozzo ch’era attorniato da una schiera di cani ululanti. Visto quell’orribile spettacolo, attoniti e smarriti, non sapendo quale decisione prendere, pensarono bene di avvisare, prima di tutto, i monaci del vicino Hospitio.
Padre Monaco mostrò grande sorpresa e meraviglia. Si dichiarò disgustato; alzò al Cielo preghiere affinché il Signore facesse giustizia di tanto obbrobrio; chiamò in causa San Michele Arcangelo, lui che viene sempre rappresentato con la spada e che aveva fama di severo vendicatore.
Invitò i pastori a recarsi dalle competenti autorità che avrebbero provveduto a ricercare i colpevoli.
Noi”, aggiunse Padre Monaco, “non faremo mancare le nostre preghiere”.
I pastori tornarono in valle e nella notte gli assassini, dismessi i loro abiti da religiosi, se ne filarono via con tutta la refurtiva e i tesori accumulati, né più fu possibile trovare le loro tracce.
E così venne questo luoco tanto infame che niuno si ritrovò che volesse abitarlo

Testo di Giacomo Bernardi. Illustrazione di Mario Previ

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